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Cosenza, l’inutile caccia alle streghe che distoglie dalla realtà

Calo fisico, errore del singolo, voglia di vincere ma con superficialità: non ci sono colpevoli. Nonostante un organico striminzito, esistono le condizioni per centrare la salvezza. E con il Brescia si è materializzata tutta la differenza tra chi lotta per andare in A e chi deve cercare di mantenere la categoria

 

Giusto per sgomberare il campo da equivoci che potrebbero modificare la realtà, diciamo subito che coloro i quali si erano convinti che il Cosenza fosse una squadra capace di lottare per la promozione Serie A è tutta gente che con il calcio ha poco a che vedere. Certo, guardando la classifica è giusto che si ambisca a qualcosa che possa andare oltre la salvezza, intanto ancora da conquistare e sigillare in cassaforte. Accarezzare il sogno di entrare nella griglia dei playoff è un qualcosa che non può essere negato a nessuno, altrimenti non sarebbe un sogno.

 

Al di là degli episodi (il gol di Spalek in evidente fuorigioco, l’occasionissima clamorosamente fallita da Garritano sul 2-2), sabato pomeriggio al Marulla si è vista netta la differenza tra una squadra costruita per andare in Serie A e una che dovrà lottare fino all’ultimo istante dell’ultima partita per centrare la salvezza. Prendete appunti: il Brescia si è presentato alla sfida con i rossoblu con una lunga lista di indisponibili tra squalifiche (Cistana) e infortuni (Curcio, Dessena, Martella, Morosini, Tremolada). Eppure, dopo la sofferenza inziale, è stato messo in mostra tutto il potenziale di cui Corini dispone.

 

Il Cosenza, invece, uscito Palmiero si è spento. A conferma che un solo calciatore diventa indispensabile per alzare l’asticella. E dire che il numero 6 napoletano è stato tenuto in disparte per tanto tempo. Un po’ com’era successo a Perina. Soltanto una serie di episodi contingenti hanno portato Braglia a rivedere le sue convinzioni. E non vogliono essere accuse, sia chiaro perché, a oggi, la squadra rossoblu è decisamente in linea con quelli che erano gli obiettivi di inizio stagione. Gli interventi fatti durante la sessione di calcio mercato invernale, altro non hanno fatto che portare in organico calciatori (numericamente qualcosa in più il ds Trinchera la doveva fare) di categoria capaci di dare il loro contributo alla salvezza.

 

Eppure è bastata la sconfitta con il Brescia che, tra l’altro, ripetiamo episodi a parte, ci sta pure per lanciare la caccia alle streghe. C’è gente brava a individuare un colpevole, non sapendo che quando si punta l’indice contro una persona, tre dita sono rivolte verso se stessi. Calma. Si è parlato di calo fisico. Ma qualcuno ha visto Bittante farsi tutta la fascia e conquistare un calcio d’angolo in pieno recupero? Se non stai bene atleticamente, quelle cose non le fai. Diverso il discorso su Embalo, mandato in campo dal 1’ nonostante fosse reduce da un infortunio che lo aveva tenuto fermo ai box per tre partite.

 

E non può essere colpa del rilancio sbagliato di Perina a innescare l’azione che porta al gol di Bisoli. Così come non deve esserci per forza di cose un colpevole nella gestione finale della partita. Incitare la squadra dalla panchina non significa spingerla ad attaccare con superficialità, così come non può essere una colpa se un calciatore spinto dall’entusiasmo di oltre diecimila tifosi cerca fino all’ultimo istante di regalare loro una gioia. Magari con la presenza di Braglia a bordo campo davanti alla panchina, tutto questo non sarebbe successo. Bastava non farsi espellere, soprattutto in un momento delicato del match. E non è la prima volta che accade da quando allena il Cosenza.

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