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Coronavirus, il calcio riparte ma i fotografi lanciano l’allarme: “Veniamo danneggiati dal protocollo gare”

La categoria non gradisce le disposizioni: “Ridotto drasticamente il numero di accessi ad ogni partita”

Il calcio e la Serie B ripartono ma con diverse limitazioni. I fotografi professionisti hanno fatto emergere le loro perplessità in merito alle disposizioni riguardanti il protocollo gare, sottolineando il rischio che molti di loro restino fuori l’impianto e non possano svolgere il proprio lavoro. Di seguito la nota.

“Finalmente è stato trovato un accordo fra Governo, Figc, Legacalcio e Comitato Scientifico che sancisce la ripresa della stagione 2019-2020, con in campo le squadre già dal 13 giugno per la Coppa Italia e dalla settimana seguente per il campionato.

Ma questa decisione presenta molte lacune che scontentano una grossa fetta dei lavoratori che gravitano attorno al sistema calcio. Fra questi ci sono i fotografi, una delle categorie professionali sicuramente più danneggiate dalle linee guida e che -assieme ai giornalisti- si sono visti ridurre drasticamente il numero di accessi ad ogni partita.

I fotografi professionisti italiani che ogni domenica si schierano a bordocampo per immortalare un gesto atletico, un gol o un’esultanza si sono visti tagliare fuori da ogni possibilità di ripresa dell’attività lavorativa con una discutibile norma che, in nome della sicurezza sanitaria antiassembramenti decreta vita (per pochi) e morte professionale (per la maggioranza). Vediamo nel dettaglio.

La Legacalcio prevede che solo 300 persone possano entrare nel perimetro dello stadio, compresi i 22 giocatori in campo. Fra panchine, staff, medici, steward, operatori tv, forze dell’ordine, arbitri eccetera, i fotografi si trovano a doversi spartire 10 posti residui. Di questi, due sono destinati -giustamente- ai fotografi ufficiali delle squadre in campo, uno al fotografo della Legacalcio e i rimanenti 7 assegnati probabilmente con criteri di “potenza di fuoco”, per usare un termine tanto caro al Premier. Quindi, largo alle agenzie internazionali, fuori tutti gli altri.

Se così fosse le agenzie di stampa medio-piccole, a respiro regionale o provinciale e la selva di freelance a cui si affidano sono esclusi da ogni possibilità di guadagno su un servizio commissionato.

Sono dunque centinaia di famiglie che, già provate dai tre mesi di lockdown, si trovano drammaticamente preclusa la possibilità di riprendere a lavorare, fatturare, incassare e, quindi, vivere.

Professionisti che spesso hanno sacrificato le proprie famiglie, assentandosi per interi week end per anticipi, posticipi, dal venerdì al lunedì e in ogni condizione meteorologica.

Le richieste inoltrate da Ordine dei Giornalisti e Ussi (Unione Stampa Sportiva Italiana) grazie al supporto di fotografi sportivi che sulla base dei primi rumors hanno scritto, incontrato, parlato e chiesto rassicurazioni a Lega Calcio e Figc non sono state accolte.

Sebbene il programma di governo preveda nelle prossime settimane la riapertura di cinema e discoteche, non è chiaro per quale motivo debbano essere messi vincoli così lesivi della libertà di stampa e del diritto al lavoro per una categoria che avrebbe ogni possibilità per osservare regole di distanziamento sociale, trovandosi ad operare in uno spazio sconfinato come uno stadio vuoto.

Presumibilmente il protocollo Lega ricalca quello tedesco, disegnato però a metà aprile quando la diffusione della Pandemia Covid era del tutto differente dalla situazione odierna e si spera anche di quella ci sarà tra qualche settimana.

Ogni anno prima dell’inizio delle ostilità la Legacalcio pretende dai fotografi la stipula di una polizza assicurativa, richiede garanzie e prove di immagini pubblicate, assieme a documenti, autocertificazioni e iscrizioni ai vari ordini: questo per all’incirca 450 dislocati sul territorio nazionale. Va da sé che la Legacalcio dovrebbe essere perfettamente al corrente del numero di persone che ogni week end si muove al seguito del circo calcistico.

Il calcio italiano deve tantissimo ai professionisti dell’immagine che grazie agli scatti divenuti storia hanno contribuito ad alimentarne il mito. Per questo mette tristezza e rabbia pensare che la comunicazione delle emozioni e delle prodezze a bordocampo per i prossimi mesi potrebbe venire uniformata e omologata, relegata a mero esercizio di stile per pochi eletti che regaleranno al pubblico scarne, identiche immagini. Il calcio italiano e i suoi tifosi meritano molto più di questo. I fotografi che negli anni l’hanno reso mito, anche”. 

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