È ripreso, con il nuovo anno, il processo per la morte di Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza ucciso il 18 novembre 1989 lungo la Statale 106 a Roseto Capo Spulico. In aula è stato ascoltato il professore Francesco Maria Avato, che nel 1990 eseguì la prima autopsia sul corpo del centrocampista, incaricato dalla procura di Castrovillari dopo i primi dubbi sulla tesi del suicidio.

Davanti alla Corte di Assise del tribunale di Cosenza, il medico legale ha confermato la sua perizia dell’epoca. “A mio parere era già steso per terra è stato sormontato dal mezzo pesante con un moto lento che ne ha causato una breccia all’altezza del bacino con la fuoriuscita delle viscere e una copiosa perdita di sangue che riconosco come causa della morte”. Poco dopo ha aggiunto : “Ho lavorato praticamente al buio non avevo alcuna indicazione sulla dinamica dell’incidente, non sapevo nulla del sopralluogo né avevo rilievi fotografici. L’unica documentazione che ebbi fu quella di un’ispezione cadaverica di un mio collega fatta credo nell’immediatezza dei fatti. “. 

Successivamente un confronto tra i periti che hanno effettuato nel tempo le autopsie e i consulenti nominati dalle parti. La Corte ha ammesso il confronto tra gli esperti Avato, Vittorio Fineschi, Roberto Testi e Margherita Neri in merito ad alcune contraddizioni emerse nelle varie testimonianze sulla natura dell’asfissia evidenziata nelle autopsie sul corpo di Bergamini. . Si tornerà in aula il 25 gennaio.