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Settore giovanile, in Italia non si punta sui giovani

Secondo lo studio del Cies, prosegue il momento negativo del gioco più amato dagli italiani anche nei vivai. La brutta tendenza risiede nell’ingaggiare giocatori da categorie inferiori invece che puntare su giovani del posto. E in tal senso Cosenza ne è l’emblema: ben tre quarti della Primavera, infatti, sono composti da calciatori che provengono da altre regioni

Settori giovanili, è sofferenza totale nel “bel paese”. Secondo uno studio del Cies Football Observatory, l’osservatorio sul calcio con sede in Svizzera, a fare meglio dell’Italia sono Spagna, Inghilterra, Francia e anche la Germania. Il metodo di analisi usato dal Cies non è molto complesso. Vengono, infatti, ripercorse le carriere di tutti i calciatori tesserati nelle squadre delle massime serie, basandosi sul club di appartenenza durante gli anni delle giovanili. Se un calciatore ha giocato per almeno tre anni, tra i 15 e i 21, in una delle società prese in esame, quest’ultima acquisterà automaticamente un punto.

Addentrandosi nella classifica generale, la squadra italiana a posizionarsi più in alto è la Roma (18°), subito seguita dall’Atalanta (19°). Le altre italiane in graduatoria, tra le prime 50, sono il Milan (26°), l’Inter (31°), l’Empoli (41°) e la Fiorentina (50°). In testa, come sempre, c’è il Barcellona, seguito dal Real Madrid e dal Lione. E’ in costante crescita, infatti, il calcio francese, che può contare su Rennais e Monaco tra le prime dieci. Dati che confermano la mancanza di investimenti, ma anche di fiducia che i club italiani ripongono nei propri vivai. Chiaro emblema il Milan, che si è ritrovato casualmente a dover lanciare i vari Locatelli e Cutrone e nella prossima stagione si ritroverà addirittura a dover prender parte al campionato di Primavera 2.

Dunque, non è più un caso se le squadre italiane vedono i nostri fare le valigie, ancora minorenni, per campionati dove il settore giovanile rappresenta la prima fonte da cui attingere per formare nuovi campioni. Vedesi, ad esempio, il “nostro” Gianni Azzinnari, che a gennaio ha preso un volo di sola andata per la Germania, “dove i giovani, se valgono, li fanno giocare”.

Non è facile che questa mentalità cambi in breve tempo: basta pensare, infatti, che effettuare investimenti nel settore giovanile crea diversi mal di pancia a chi amministra le casse dei club italiani.

E’ molto più semplice, in termini di apparente prontezza, acquistare a prezzi stracciati giovani provenienti da “campionati minori” piuttosto che programmare ed investire in maniera mirata su un settore giovanile di qualità.

Spostiamoci in Calabria, sponda Cosenza: in questa stagione, nella rosa della Primavera rossoblu ben 15 ragazzi, i tre quarti dell’intera squadra, provengono da altre regioni d’Italia. Tutto ciò per garantire qualità? Sicuramente, quest’ultimo aspetto non è stato notato in campo.

Per crescere con i giovani servono all’inizio sforzi economici importanti, che verranno poi ripagati con l’esplosione di talenti come Messi e i Mbappe. E tutto ciò non è utopia, anzi. Prendiamo ad esempio sempre il caso Cosenza, società dalla quale negli anni novanta uscivano i vari Florio, Fiore, Morrone, Paschetta, La Canna e Modesto. Merito di un settore giovanile all’avanguardia e diretto da gente competente e ambiziosa. Dunque, il calcio italiano, secondo la classifica del Cies, è uno dei peggiori d’Europa.

Un dato che viene evidenziato anche dal Parma, che figura al primo posto tra le società che preferiscono acquistare giocatori non più giovanissimi. Con un’età media di 27,35 anni, infatti, gli emiliani precedono l’Espanyol (27,05) e il Marsiglia (27,03). Italia, sei avvisata: così non si può andare avanti.

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