Il patron del Torino dice la sua sull’allarme in ottica mondo del calcio: “C’è più unità di prima, molti falchi sono diventati colombe”.
“Ci sta che la politica abbia sbagliato qualche mossa all’inizio, ma dopo la guerra questa è l’emergenza più dura da combattere”. Urbano Cairo, patron del Torino, intervistato sulle colonne de La Stampa, dice la sua sull’emergenza coronavirus, con uno sguardo particolare ovviamente al mondo del calcio. “Se penso che nell’assemblea di Lega del 10 marzo c’era ancora chi parlava di allenarsi e di tornare a giocare… Quei discorsi, a risentirli ora, sembrano lunari”.
“Questa emergenza ci ha compattato, c’è più unità di prima. Molti falchi sono diventati colombe anche se è rimasto qualcuno che vuole fare il fenomeno, che rompe il fronte per avere vantaggi. Furbizie, atteggiamenti di cabotaggio. Non è il momento”. Stuzzicato sui nomi – il cronista suggerisce Lotito e De Laurentiis – Cairo risponde: “Mi sembra una follia sostenere una tesi sulla base dei dati del contagio. Dire ‘la mia regione non ha problemi’ con una situazione così in evoluzione è una frase infelice. Poi esplode il virus a Fondi e allora…”.
“Ognuno si comporti come crede. Noi avremmo voluto allenarci, ma al centro c’è il diritto alla salute delle persone. Inutile avventurarsi in previsioni, davanti a una pandemia non possiamo che navigare a vista. Cosa chiederemo al governo a fine emergenza? Di aiutarci. Direttamente o indirettamente. Altrimenti molte società di calcio rischieranno il fallimento”.