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Coronavirus, il calcio italiano è pronto a ripartire? Troppi nodi da sciogliere

La voglia di tornare in campo c’è ma le problematiche non mancano. E adesso la questione contratti potrebbe creare problemi tra calciatori e società. Nel Cosenza i casi Perina, Riviere, Asencio e Lazaar…

Il Consiglio federale ha posto le basi per tornare in campo, per far in modo che i verdetti della stagione 2019-2020 possano arrivare sul campo. Adesso però bisognerà attendere l’incontro tra il ministro Spadafora e i vertici FIGC fissato per il 28 maggio. I dubbi sono ancora tanti, Francesco Ghirelli della Lega Pro e Damiano Tommasi dell’Aic si sono già detti contrari. E sopratutto la grana dei contratti in scadenza e quella stipendi.

Il campionato cadetto dovrebbe ripartire il prossimo 20 giugno, in alternativa il 30. E terminare in pieno agosto. Il problema è che i contratti dei calciatori scadono il 30 giugno e moltissimi calciatori rossoblu in quella data saranno liberi. Nel Cosenza ci sono chi, come Perina e Riviere, che sono a scadenza e chi, come Asencio o Lazaar, che dovrebbero tornare al Genoa e al Newcastle. La Fifa ha dettato linee guida generali: tutti questi contratti possono essere estesi fino al termine delle competizioni in corso. Ma c’è sempre il bisogno di trovare un accordo tra le parti.

Ma c’è anche la grana degli stipendi. La Federcalcio ha deciso di permettere l’iscrizione al campionato anche a quei club che non dovessero pagare gli stipendi di marzo e aprile: potranno aprire un contenzioso con i giocatori e presentare domanda, senza restrizioni. Per l’asso-calciatori è inaccettabile, considerato che, vista la deroga sulle scadenze per versare gli emolumenti successivi, rischiano di incassare da qui al 31 agosto solo un mese di stipendio. Per i club però, la soluzione è vitale visto che in tanti ritengono di non dover pagare i mesi di marzo e aprile (uno andrebbe come ferie godute) visto che non c’è stata prestazione. A questo si aggiunge anche la possibilità di posticipare i pagamenti di maggio a fine agosto. Secondo la Repubblica questo potrebbe dar vita a “un braccio di ferro insostenibile secondo i club che lamentano di non avere liquidità neanche per pagare i tamponi.” Serve dunque un accordo collettivo tra società e giocatori.

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