I percorsi di crescita chiedono tempo e il Cosenza quest’anno ha deciso di svoltare. Ed è chiaro che i risultati determinano prospettive e giudizi. Senza mettersi le fette di prosciutto davanti agli occhi, il k.o. nel derby ha fatto sì che sul banco degli imputati finisse l’allenatore Caserta. Il quale, sia chiaro, tatticamente è stato imbrigliato da Vivarini e ne ha pagato le conseguenze.
L’integralismo non paga? Punti vista. Occorre razionalità anche nel giudicare una sconfitta e magari approfondire sulle scelte dei singoli, che apre verso altri scenari. Ma la squadra è stata costruita per dare al Cosenza una identità ben precisa: giocare sempre le partite, qualsiasi sia l’avversario. E in questo Caserta ha dimostrato coraggio: anche a Catanzaro se l’è giocata. Stavolta il pallino del gioco attraverso il possesso palla evidentemente non ha pagato.
Alla base c’è un progetto che può essere migliorato. Considerato che i risultati stanno dalla parte dell’allenatore: 9° posto in classifica con la zona playoff a un tiro di schioppo (-3) e soprattutto la zona pericolo (playout) al momento lontana 6 punti. Che poi era l’obiettivo dichiarato dal direttore sportivo Gemmi a inizio stagione: “Anche mezzo centimetro in più rispetto allo scorso anno”. Che, tradotto in soldoni, significa salvezza diretta anche con il sestultimo posto.