La strana parabola di Occhiuzzi che nel giro di un anno è passato dagli elogi dell’impresa salvezza agli insulti di questo momento delicato. Comunque un predestinato…
Non era un fenomeno prima e non è un incapace oggi. Di certo Roberto Occhiuzzi, giovane allenatore del Cosenza nato a Cetraro l’11 ottobre 1979, è un predestinato. Purtroppo i risultati, specie nel calcio, sono sempre lì in agguato e pronti a modificare i giudizi e le prospettive. Soprattutto per un tecnico, comunque di continuo sotto i riflettori e spesso l’artefice principale di successi o fallimenti.
Si fa presto a trasformarli in eroi se la squadra, grazie anche a una serie di coincidenze, vince un campionato. Oppure raggiunge l’obiettivo di una salvezza sulla quale nessuno avrebbe scommesso un solo centesimo di euro. E poi ci si dimentica in fretta del passato, i giudizi poggiano tutti sul presente. E sui risultati. Che per il Cosenza sono negativi. La fotografia sono quei 32 punti in 34 partite. Numeri asettici e indigesti ma che rappresentano la realtà.
Che poi la squadra sia stata costruita senza un briciolo di progettualità tecnica e tattica, questo passa spesso in secondo piano. Resta il fatto che Occhiuzzi rimane un predestinato, un bravo allenatore che avrà la possibilità di dimostrare il proprio valore. Lontano da Cosenza, ovviamente. E la musica sarà sempre la stessa: applausi in caso di successi, fischi e insulti se i risultati non arriveranno.
A fine stagione le strade si divideranno, questo sembra più che una semplice possibilità. Su Occhiuzzi ci sono un paio di club che lo hanno seguito ma il suo processo di crescita potrebbe passare da una ripartenza graduale. Un ambiente che gli consenta di lavorare in serenità, senza pressioni. E in Serie C sono tantissime le realtà a fungere da palestre per giovani allenatori destinati ad avere una brillante carriera. E Occhiuzzi è uno di questi.