L’intera città di Cosenza attende novità dopo la chiusura dell’inchiesta ter da parte della Procura di Castrovillari
Sono passati quasi trent’anni, è arrivato il momento di conoscere la verità. La morte misteriosa di Donato Bergamini, avvenuta il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico lungo la statale 106 jonica, è ancora oggi oggetto di fervide discussioni. La tesi dei giudici, sia in primo grado che in appello, fu che Bergamini si fosse suicidato. Ma che motivo aveva un giovane di 27 anni, con un contratto che gli consentiva di guadagnare quasi 200 milioni di lire all’anno, di lasciare Cosenza e il calcio e poi scegliere di suicidarsi davanti agli occhi della fidanzata?
Qualcosa, però, c’era, tanto che l’amico Gigi Simoni aveva notato che il ragazzo era cupo e triste nell’ultimo periodo, come se fosse davvero accaduto qualcosa. Si parla di droga. Si intravedono i contorni ancora oscuri di un giro pericoloso in cui il calciatore, originario di Boccaleone, sarebbe stato coinvolto. La famiglia, in realtà, non ha mai creduto alla tesi del suicidio. E nemmeno gli amici di Berga, tra i quali Michele Padovano, che di quella squadra era la punta di diamante.
Una svolta, in tal senso, è arrivata nel 2011, grazie alla riapertura delle indagini della procura di Castrovillari. Il lavoro dei Ris ha finalmente dimostrato che Denis Bergamini è stato ucciso. Ma c’è ancora di più: soffocato con una sciarpa e poi gettato sotto il camion. Sarebbero, dunque, autentiche menzogne quelle raccontate dall’ex fidanzata Isabella Internò e dal conducente del camion Raffaele Pisano davanti ai giudici. E rieccoci nel 2019, con la chiusura di una inchiesta ter che a breve porterà significative novità.
L’eclettico centrocampista del Cosenza, il suo segreto, se l’è portato nella tomba. Ma l’intera città non aspetta altro che la verità, quella definitiva. Giustizia per Denis.
