Nell’anniversario della morte del centrocampista del Cosenza, la famiglia e i tifosi rossoblu chiedono ancora giustizia
Da quella sera del 18 novembre 1989 ad oggi sono passati 33 anni. Anni di dolore, menzogne e depistaggi. Era la vigilia della sfida casalinga contro il Messina quando la notizia della sua scomparsa ha sconvolto il mondo del calcio.
Per anni il caso fu archiviato come suicidio ma la famiglia non ha ma creduto a questa versione. Una lunga battaglia ha portato alla riapertura del caso. Adesso si sta svolgendo un processo in Corte d’Assise a Cosenza, per provare a fare luce sulla vicenda. Poche settimane fa l’avv. Fabio Anselmo, legale della famiglia Bergamini, ha scritto: “È disumano attendere invano verità e Giustizia sulla barbara uccisione di un proprio caro per cosi tanto tempo. E ciò con la violenza mistificatoria della affermazione del suo suicidio”.
Quel del 18 novembre 1989 Bergamini non si è gettato sotto le ruote di un camion sulla statale 106, nei pressi di Roseto Capo Spulico. Il suo corpo non è stato trascinato per 60 metri. Bergamini è stato soffocato, forse con un sacchetto di plastica e, poi adagiato sull’asfalto e poi parzialmente sormontato da Fiat Iveco 180. La verità è arrivata grazie alle perizie medico-legali effettuate nel corso degli anni. Adesso la famiglia e i tifosi rossoblu aspettano che venga fatta giustizia.