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Mosciaro: “Dal Cosenza mi sarei aspettato una maggiore considerazione”

L’ex capitano ha conseguito il patentino da allenatore. “Mi piacerebbe lavorare con i giovani”. E sulla ripresa dell’attività sportiva: “Sono d’accordo, l’economia è ripartita e il calcio è un’azienda. Certo, il rischio c’è, però…”

Manolo Mosciaro, 35 anni da compiere il prossimo 17 settembre, cosentino doc, sembrava destinato a diventare un simbolo del Cosenza calcio. Il “nuovo” Gigi Marulla, bomber legatissimo alla maglia rossoblu. L’estate del 2011 decise di sposare il progetto Guarascio in Serie D rinunciando a tantissimi soldi. Sul campo gol a valanga: 18 la prima stagione, ben 27 nella seconda che culminò con l’ammissione dei Lupi nell’ex Serie C2. Il ritorno nei professionisti e la fascia da capitano: nella stagione del Centenario firmò 7 gol collezionando 32 presenze.

Manolo, sul campo, si era conquistato l’amore del popolo rossoblu. Quindi la Serie C unica: 11 presenze e un solo gol. Ma a gennaio lo “costrinsero” a cambiare aria: l’allenatore Giorgio Roselli diede la spallata decisiva per la cessione all’Aversa Normanna. Si racconta che il tecnico fu il “braccio armato” delle menti illuminate all’interno del Cosenza calcio che non volevano in squadra calciatori del posto. Da quel trasferimento, per Manolo Mosciaro non c’è stato più spazio nella squadra. Quindi un girovagare che lo ha portato a Rende, Noto, Vigor Lamezia e Aprilia. Adesso ha il patentino di allenatore.

“Sinceramente, per quello che ho dato al Cosenza e per le tante rinunce in nome e per amore di quella maglia che sento mia come una seconda pelle, mi sarei aspettato una maggiore considerazione. Mi piace allenare i giovani ma evidentemente – racconta Manolo – c’è gente nel club con la memoria corta. Pazienza. È la conferma che nel calcio la riconoscenza rimane un valore unico che appartiene soltanto a poche persone”. E della ripresa del calcio, cosa ne pensa l’ex capitano dei Lupi? “Credo sia giusto tornare in campo e finire i campionati, così come le competizioni europee. Certo, un po’ di rischio c’è. Però è ormai aperto tutto, di gente i giro ce n’è tanta… Il calcio è un’azienda ed è tutta l’economia che adesso deve ripartire”.

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