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“Cosenza, sono arrivato con diffidenza ma ero sereno. Sapevo che potevamo competere”

Il tecnico rossoblu in conferenza stampa: “Il confine è sempre stato sottile. Ai ragazzi ho sempre fatto vedere che siamo stati noi a determinare il risultato, anche negativo”

William Viali, allenatore del Cosenza, è intervenuto in una lunga conferenza stampa di fine stagione, analizzando tra l’altro l’andamento del torneo.

QUANDO HA CAPITO CHE IL COSENZA POTEVA COMPETERE CON LE ALTRE – “Ero esordiente in categoria e vivendo le partite ho iniziato a vedere le differenze, soprattutto dopo il mercato di gennaio. La certezza di competere me l’ha data l’analisi oggettiva delle partite. Sono stato anche ridondante, ma ho sempre ribadito che la classifica restava corta. Non facevamo risultato ma la salvezza non si allontanava. Nelle gare ci stavamo bene, poi sul risultato spesso influiva un episodio. Il confine è sempre stato sottile. Ai ragazzi ho sempre fatto vedere che siamo stati noi a determinare il risultato, anche negativo. Abbiamo lavorato a questa cosa e i ragazzi sono stati molto bravi”.

QUANTO RAMMARICO PER I PUNTI LASCIATI PER STRADA – “Per fortuna possiamo essere qui senza parlare di rammarico, il risultato ci fa essere contenti. Però è vero che in tante partite meritavamo di più. Se non sono arrivati punti significa che avevamo dei difetti che non siamo riusciti a colmare. Partendo da così lontano, è stato difficile restare sempre sul pezzo, è stato un percorso lungo. È complicato mantenere alta la tensione per così tanto tempo, da febbraio abbiamo giocato tutte le partite della vita. In alcune gare siamo arrivati un po’ scarichi ma è normale. Compresi i playout abbiamo fatto 13/14 finali, sotto l’aspetto nervoso è stato logorante”.

IL LEGAME CON L’AMBIENTE – “Arrivo qui quasi ‘per sbaglio’, dopo rifiuti di allenatori più bravi e preparati di me. Arrivo qui nella diffidenza, ma l’ho fatto con serenità. Sapevo di non essere una prima scelta ma sognavo di esserlo l’ultimo giorno. Non è stato facile inserirsi in questo territorio, perché questo è un popolo tosto e complicato. Va compreso. I primi mesi ho fatto solo l’allenatore, ma qui non si può fare solo questo. Quando ho capito cosa serviva, che la vera benzina è la città, il popolo, è stata la svolta. Il sentimento che si è creato è arrivato in maniera naturale, anche nelle difficoltà. Sapevamo che la gente era fondamentale ma non ne volevamo essere traditi. Il resto fa parte del gioco, si faranno tante chiacchiere ma si deciderà in maniera molto lucida”.

L’EVOLUZIONE DEL RAPPORTO CON I TIFOSI – “Sono arrivato in un momento particolare, quando i tifosi hanno deciso di non seguire le partite in casa. La crescita è stata netta, si è riacceso l’entusiasmo. Siamo passato da 1500 spettatori a 5000 e poi a dieci/quindicimila”.

COME AVREBBE IMPOSTATO LA SQUADRA SE FOSSE ARRIVATO A INIZIO TORNEO – “Per quel che piace a me, avrei puntato su una linea a quattro, una base elastica dalla quale partite. Ma il calcio di oggi non si basa più sui numeri, ma sulle fasi. Creare superiorità numerica. La squadra lo ha dimostrato. A Perugia abbiamo fatto credere di palleggiare a tre e invece lo facevamo a quattro con Voca, mandandoli in difficoltà, perché marcavano a uomo. Credo che la strategia gara sia fondamentale, senza fare confusione, la squadra si deve riconoscere sempre. Quel che mi è piaciuto nella crescita della squadra è che i giocatori erano sempre pronti a fare una cosa o l’altra. Il calcio ormai è grande elasticità mentale, bisogna vivere più di principi di gioco che sistemi di gioco”.

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